Timore reverenziale, misto a curiosità, misto a
meraviglia:
per me è stato come ricevere un invito per un tè e una fetta di torta (abilmente
cucinata con una ricetta segreta a base di cappellini, ça va sans dire), a casa
della famosa giornalista di moda Anna Piaggi.
Immaginate una cascata di cappelli collocati su ogni possibile superficie: sui
vasi del soggiorno, sul divano, sulle pile di riviste di moda, nelle
cappelliere della camera da letto e persino nel box doccia.
Da un copricapo Belle Epoque di tulle ad un’antenna di glitter da discoteca, dalle
creazioni parigine d’Alta Moda di Chanel ad un copricapo modernista di
Yohji, da un cappello da party Dolce & Gabbana a una paglietta super chic
del costumista romano Tirelli.
Ora immaginate di essere accolti con garbata ospitalità nel soggiorno: in
sottofondo il rumore dal gusto retrò dei tasti della macchina da scrivere Olivetti
“Valentina”, fedele compagna di lavoro per la stesura di ogni suo articolo fin dal
1969 e tutt’intorno meravigliosi copricapi provenienti da ogni parte del mondo.
Cappelli vintage permeati di charme romantico, cappelli con il tricolore
italiano che Anna indossava con leggerezza e humour, cappellini coloratissimi per
i quali lei era diventata leggendaria. E in ciascuno di essi racchiusa una
storia interessante da farsi raccontare.
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Il suo assistente per lungo tempo, Moreno Fardin, dice: "I cappelli davano ad Anna un punto di stabilità; il cappello veniva per primo, poi seguivano i vestiti" |
Proseguendo verso la stanza da bagno, impossibile
non immaginare la grande dame davanti allo specchio, intenta a ricorrere all’artificio di acconciature e make up
elaborati, con quel pizzico di follia così vicino alla genialità, nei suoi colori “da combattimento”: volto bianco polvere con guance macchiate di un rosso brillante, contorno occhi azzurro o nero, labbra
rosse e capelli blu.
E impossibile non restare affascinati dalle immagini spiritose
e frivole provenienti dall’oblò di una lavatrice programmata per lavaggi
fashion.
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Il suo fidato hair & make -up artist Roberto Pagnini dice: "Una mèche di capelli blu, un colore ottenuto per errore, è stato il mio omaggio ad una icona della moda, che mi ha dato ispirazione e ho amato immensamente" |
Due passi ancora ed ecco la press-room, il suo mondo in
bianco e nero, nel quale era solita vestirsi con un grembiule bianco da
laboratorio coordinato con un cappello grafico, per concentrarsi nella sua continua
ricerca tra terminologia, creatività, dettagli, immagini, storia della moda e
futurologia.
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Il lavoro di Anna rappresentava la parte più importante della sua vita. Viveva nella tensione che esiste tra il testo e le immagini, nella sua "Fashion Algebra". |
E infine la camera da
letto. Un invito ad un viaggio virtuale negli atelier più famosi delle tre
capitali della moda, Milano, Londra e Parigi, per scegliere i cappelli più
graziosi e indossarli alla propria maniera.
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Milano |
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Londra |
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Parigi |
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Parigi |
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Parigi |
Ad un anno dalla morte della celebre fashion editor
Anna Piaggi, la mostra “Hat-ology” a Palazzo Morando a Milano ne ripercorre lo
stile originale, eccentrico e stravagante, attraverso l’esposizione di circa 60
favolosi cappelli (selezionati tra i 600 modelli della sua personale collezione),
che Anna amava indossare con ineguagliabile naturalezza in tutte le occasioni.
“Il mio cappello è qualcosa di personale. Contiene l’anima, il sentimento e le
sensazioni che muovono questo nostro piccolo mondo” (Anna Piaggi)
Un mondo di cui Stephen Jones, curatore della mostra e “cappellaio matto” che
inequivocabilmente contribuì a creare lo stile provocatorio, visionario e
assolutamente inconfondibile dell’amica Anna, ha voluto ricreare l’atmosfera, proponendo
una suggestiva ricostruzione del suo appartamento privato.
“Ho incontrato per la prima volta Anna a Londra durante un servizio fotografico
per la sua rivista d’avanguardia Vanity. Per trent’anni abbiamo avuto un
affettuoso rapporto attraverso e per mezzo dei cappelli ed è diventata la mia
musa. La maggior parte delle mie clienti siedono pazientemente mentre sistemo
un cappello sulle loro teste. Anna invece l’avrebbe preso in mano, provato al
contrario, capovolto, vi avrebbe appuntato un gioiello, aggiunto una veletta… e
l’avrebbe fatto suo. Poi si sarebbe voltata verso di me e, atteggiandosi in una
sua tipica espressione, avrebbe detto ‘vedi’…” (Stephen Jones)
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"Creare un cappello per lei era divertentissimo, spesso mi telefonava raccontandomi di dover andare ad un party sponsorizzato da un'azienda produttrice di pasta. E così, ovviamente, decidevo di creare delle orchidee fatte di pasta. Ma lei poteva anche metterle sottosopra, rivoltarle da capo a piedi, renderle sue e portarle da un'altra parte. Questa era Anna." (Stephen Jones) |
Si tratta di una
collezione (accompagnata da un’inedita serie di illustrazioni, schizzi, video e
fotografie) che esprime la raffinata visione estetica di una donna che,
attraverso i vezzi di un cappello, ha raccontato in modo unico l’evoluzione
della moda e si è resa interprete dei tempi, nonché musa e artista per molti
stilisti.
Per me che sono un’appassionata di cappelli (e in generale di tutto ciò che si porta in testa...cappellini, foulard, tiare, bandane, corone, corna ) è stato come fare una passeggiata nel paese delle meraviglie:
emozionante ed entusiasmante!
Probabilmente sorseggiando il tè e gustando la
torta, mi sarei complimentata con lei per il suo lavoro, dagli esordi per la
rivista Arianna negli anni '60 ai 25 anni di Doppie Pagine a Vogue Italia, ma
anche per aver definito e formato il mestiere della redattrice di moda, per
aver dato forza ed espressione al Made in Italy e per aver aperto le porte al
vintage, prima ancora che nascesse questo concetto. Le avrei chiesto timidamente
di poter indossare i suoi cappelli (giuro, non avrei saputo scegliere…è stato
un colpo di fulmine con ognuno!) e l’avrei ringraziata per avermi dato la
conferma di quanto un cappello possa completare o cambiare un outfit, ma di
quanto sia altresì necessaria una grande personalità per poterlo portare con la
dovuta disinvoltura.
Ma soprattutto l’avrei ringraziata per avermi insegnato come l’ironia possa rendere
la vita più piacevole, perché prendersi troppo sul serio fa male alla salute,
all’anima e alla fantasia!
Ad Anna Piaggi e a questa mostra…tanto di cappello!!!
( La mostra resterà aperta fino al 30 novembre.
c/o Palazzo Morando, ingresso da via Bagutta 24, Milano)
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Ed eccomi qui, in perfetta sintonia cromatica con la casa di Anna Piaggi! |